Nessun profumo vale l'odore di quel fuoco

Un esempio da vivere più che da imitare

Carissimi tutti, oggi è una giornata particolare, è il fare memoria della cena con lavanda dei piedi. E’ tutto molto assurdo, un DIO che si occupa dei miei piedi!!! Si è proprio una logica rovescia, è come ci ha detto Luciano Manicardi a BOSE, il PARADOSSO DI DIO!!! un grande che si mette il grembiule….. Tutti voi sapete che per me il grembiule dovrebbe far parte dell’uniforme degli ADULTI SCOUT.

1- oggi in molte comunità si partecipa alla “cena Ebraica” ecco la tovaglia.

Per chi volesse il libretto in pdf … me lo scriva..


Gv  13,1-15

1 Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine. 2 Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, 3 Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, 4 si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. 5 Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto. 6 Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: “Signore, tu lavi i piedi a me?”. 7 Rispose Gesù: “Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo”. 8 Gli disse Pietro: “Tu non mi laverai i piedi in eterno!”. Gli rispose Gesù: “Se non ti laverò, non avrai parte con me”. 9 Gli disse Simon Pietro: “Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!”. 10 Soggiunse Gesù: “Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti”. 11 Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: “Non tutti siete puri”. 12 Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: “Capite quello che ho fatto per voi? 13 Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. 14 Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. 15 Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi”.

Uno dei modi in cui si esprime la fede è la preghiera rivolta a Dio nel nome del Signore Gesù Cristo. La accompagniamo solitamente, visibilmente o intenzionalmente, da un movimento verso l’alto. Si prega alzando gli occhi verso il cielo, come ha fatto anche Gesù (cf.  Mc 6,41Mc 7,34Gv 11,41). Dio – pensiamo – sta nei cieli! Forse per questo ci sembra così spesso che la nostra preghiera sia inutile. Il cielo infatti, ormai, è vuoto! Dio, come la sua Parola, “non è nei cieli perché tu dica: ‘chi salirà per noi nei cieli per farcela udire e mettere in pratica?’” (Dt 30,12). Questa non è l’invenzione di Nietzsche, né la scoperta della cosiddetta teologia della morte di Dio: è rivelazione di Gesù Cristo! Nell’evangelo odierno Gesù proclama che il Signore e il Maestro, colui al quale Dio ha rimesso tutto, non sta in alto, né su un trono, né tanto meno in cielo, ma in basso, tra un catino di acqua sporca e dei piedi nudi, i nostri, nella condizione dello schiavo.

Non siamo poi i primi a rifiutare questo annuncio. Prima di noi sta il corifeo degli apostoli, Pietro: “Non mi laverai i piedi in eterno!” Ma forse la cosa più difficile da accettare non è questa, bensì la parola successiva di Gesù: “Se non ti laverò, non avrai parte con me”: significa evidentemente che staremo con lui solo se accettiamo che Gesù – che Dio – eserciti ora la sua funzione di servo nei nostri confronti. Accettazione che ne implica un’altra, altrettanto problematica: “Vi ho dato un esempio, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi”. Una chiesa che pretenda di esercitare poteri, che rivendichi – come purtroppo è avvenuto per secoli – poteri mondani (per non dire faraonici), è agli antipodi di ciò che costituisce la sua missione nel mondo. Lo ricordava con forza, al tempo del concilio Vaticano II, il grande teologo francese, Yves Congar:la Chiesa non può che essere “serva e povera”. Solo così la Chiesa può fare miracoli (cf. At 3,6-7). E ciò non vale solo per la Chiesa in quanto struttura e istituzione, vale anche per ogni singolo credente in Gesù Cristo, per noi, perché di Dio non siamo chiamati ad imitare l’onnipotenza – mal compresa –, ma l’amore “fino alla fine”, cioè la misericordia: “siate misericordiosi come (o forse meglio, perché) il Padre vostro è misericordioso” (Lc  6,36). La misericordia, l’avere cioè un cuore per i miseri, per quelli che soffrono e sono emarginati, questa davvero è l’onnipotenza di Dio, quella manifestata dal sorriso disarmante del bambino che giaceva nella mangiatoia di Betlemme, quella rivelata dal Crocifisso al malfattore che gli stava accanto: “Oggi con me sarai in paradiso” (Lc  23,43). Potete immaginare che il Figlio di Dio torni al Padre con un brigante fra le braccia?

Pietro ha finito per capire. Lo dice Gesù stesso, anche se ha capito solo dopo (v. 7). Ma ciò non è l’importante, Pietro infatti ormai è morto; i viventi invece siamo noi, e quindi il vero problema è se noi accetteremo di capire questa parola che il Signore-Servo ci rivolge oggi.

Fratel Daniel